Il colore di un corpo è definito dalla radiazione luminosa che esso riflette: un corpo di colore verde riflette la radiazione verde ed assorbe tutte le altre, un corpo di colore bianco “dovrebbe” riflettere tutte le radiazioni mentre un corpo di colore nero “dovrebbe” assorbire tutte le radiazioni e non rifletterne alcuna. “Dovrebbe” perché, in effetti, il nero ed il bianco assoluti sono casi puramente teorici, non realizzabili in pratica.
Definire “a voce” un colore è quanto mai rischioso, soprattutto se ci si confronta con metodi sperimentali oggettivi; è stato allora necessario definire un sistema univoco di designazione.
I riferimenti che normalmente utilizziamo (RAL, FS, BS, o qualsiasi altro riferimento “visivo”) non sono, dal punto di vista fisico sufficientemente precisi in quanto ogni campione ha una sua tolleranza (un margine di errore intrinseco). Nel linguaggio comune sono sufficienti questi riferimenti semplici ma, volendo entrare nello specifico per comprendere meglio come i colori vengono definiti dalle specifiche tecniche (o dalle norme e disciplinari) bisogna prendere in considerazione aun altro sistema.
Questo sistema è riconosciuto internazionalmente ed è definito dalla CIE (Commission International de l’Eclairage – Commissione Internazionale dell’Illuminazione). I colori vengono definiti, dal punto di vista fisico, con tre riferimenti (rilevati da uno strumento apposito che è lo spettroriflettometro) denominati, rispettivamente, coefficienti tricromatici (X, Y e Z) e luminanza (Y o β, a seconda che la si esprima in percentuale od in numero).
Con i primi tre (due) valori si può determinare il colore in oggetto su di un diagramma standard e con il quarto (terzo) valore se ne determina la luminosità. Poiché il valore Z è ricavabile per mezzo di formule da X e Y, è sufficiente fornire i primi due per determinare il colore. Col valore della luminosità viene indicato “quanto è chiaro” (ovvero quanta luce riflette) il corpo in esame: una luminosità di 0,80 (80%) identifica il bianco e la luminosità 0 il nero; i valori intermedi (sulla verticale del punto medio, denominato punto acromatico, del diagramma CIE) sono grigi. Il valore 1 (100%) di luminosità non esiste ed il valore 0 è più teorico che reale, per i motivi precedentemente evidenziati. Per chi ha dimestichezza con i grafici, si può pensare la luminosità riportata sulla scala verticale (z) del diagramma, non rappresentata sul piano.
Le valutazioni vengono eseguite secondo procedure normalizzate CIE: lo spettrofotometro “legge”, da un definita angolazione (normalmente la luce incide a 45° e la lettura è eseguita perpendicolarmente alla superficie; geometria 45/0), il colore del corpo in esame quando illuminato da una fonte luminosa di caratteristiche definite integrata nello strumento stesso.
L’elemento che caratterizza la luce non è tanto la sua intensità quanto la sua “temperatura” espressa in Kelvin (temperatura Kelvin = temperatura in gradi Celsius + 273,15). Tale temperatura indica la temperatura alla quale deve essere riscaldato un corpo nero per emettere una luce (tutti i corpi, se sufficientemente riscaldati, emettono radiazioni luminose) di lunghezza d’onda fissata.
Per le prove CIE sono state definite tre sorgenti illuminanti, definite A, B e D, corrispondenti rispettivamente a luci di temperatura di 2856 K, 4800 K e 6500 K. Indicativamente la luce a 2856 K corrisponde a quella emessa da una lampada a filamento di tungsteno di 100 W, quella a 4800 K corrisponde alla luce solare, quella a 6500 K alla luce naturale di una giornata coperta. Quest’ultima è identificata con la sigla D65.
Si noti che la temperatura della luce ne indica il suo “colore” e non la quantità; più alta è la temperatura della luce più “fredda” è la luce in oggetto. È chiaro che illuminando lo stesso colore con illuminanti diversi si hanno risultati diversi (non sempre apparenti all’occhio umano in quanto esso tende a correggere – entro certi limiti – le dominanti cromatiche della luce illuminante).
Poiché ogni colore, così come definito sperimentalmente, non può essere replicato infinite volte nella pratica, per ogni singolo colore vengono definite delle aree di tolleranza, indicate in percentuale o con i valori estremi dell’area attorno al valore nominale (in genere come quadrilatero o ellissoide).
Nelle specifiche tecniche le coordinate tricromatiche sono le uniche utilizzate per la definizione dei colori; le si trovano nel Codice della Strada, nei disciplinari per la pellicola da segnaletica stradale, nelle norme inerenti il vestiario ad alta visibilità, nelle specifiche per le vernici mimetiche per le FF. AA., ecc.: ad ogni colore “commerciale” corrispondono coordinate tricromatiche precise con relativa zona di tolleranza.
COLORI FLUORESCENTI
Rispetto ai corrispondenti colori “normali” i colori fluorescenti sono circa 3 volte più luminosi dei corrispondenti colori pastello e con un valore di luminanza molto elevato (come evidenziato dalle tabelle che seguono) e quindi si prestano ottimamente ad essere impiegati per compiti di segnalamento, garantendo una eccezionale “conspicuity”.
Questa peculiarità deriva dalla formulazione chimica del pigmento fluorescente che ha la caratteristica fisica di assorbire radiazione ultravioletta non visibile (di lunghezza d’onda inferiore ai 380 nm) e restituirla come radiazione visibile (lunghezze d’onda comprese tra 380 e 780 nm); per fare ciò i pigmenti sono sottoposti ad un decadimento intrinseco proporzionale al periodo di “attivazione”. Prova ne sia che vernici e tessuti fluorescenti sbiadiscono molto rapidamente se esposte alla luce solare in modo continuo: chi lascia il giubbino ad alta visibilità sulla cappelliera dell’auto lo ritrova, dopo pochi mesi, completamente sbiadito nella parte esposta alla luce.
Per la sensibilità alle radiazioni ultraviolette i colori fluorescenti si prestano ottimamente a garantire la visibilità in condizioni di scarsa luce visibile (alba, tramonto, cielo coperto).
Illuminati da luce artificiale i colori fluorescenti perdono gran parte della loro “brillantezza” e in mancanza di luce (al buio) i colori fluorescenti non presentano differenze rispetto ai normali colori pastello mentre si presentano luminosissimi se illuminati con “luce nera” (di Wood).
La tabella che segue, estratta dalla norma UNI EN 471 (Indumenti di segnalazione ad alta visibilità per uso professionale – Metodi di prova e requisiti), fornisce un esempio di come vengono utilizzati i parametri precedentemente esposti.
Note: Talvolta, oltre ai 4 punti che delimitano la zona di tolleranza, vengono fornite anche le coordinate nominali del colore.
A seconda delle fonti le coordinate vengono indicate con lettera maiuscola o minuscola.
Chi volesse approfondire l’argomento può trovare parecchie informazioni sul web (a cominciare da Wikipedia), soprattutto in lingua inglese.
Leonardo Ferrazzi (Yellow), gennaio 2012