Ormai una decina di anni or sono affrontai l’argomento visibilità dei mezzi di soccorso con alcuni articoli apparsi su “N&A – Mensile Italiano del soccorso”; dopo tanti anni ritorno sull’argomento, pensando di fare cosa utile per chi non ha avuto modo di leggere quei lavori.
In questi 10 anni sono cambiate un po’ di cose e l’interesse iniziale sembra essersi un po’ appannato è perciò senz’altro utile ritornare sull’argomento per rimettere le cose nella giusta prospettiva.
La visibilità e, indirettamente, l’immediato riconoscimento del personale e dei mezzi di soccorso sono un argomento particolarmente importante ma che, molto spesso, sono trascurati od affrontati in maniera non uniforme, senza un approccio sistematico troppo spesso, anzi, a solo scopo “campanilistico”.
Alcuni accorgimenti, apparentemente irrilevanti, possono aumentare notevolmente la visibilità rendendo più sicuri gli operatori, gli utenti della strada e lo svolgimento del servizio di soccorso (e non solo!) nel suo complesso.
A riprova dell’importanza che riveste “l’essere visibili”, vi sono stati tutta una serie di aggiornamenti del Codice della Strada in tale direzione: dagli anabbaglianti accesi ai giubbini ad alta visibilità (EN 471), per finire con la bordatura rifrangente dei veicoli trasporto merci di massa complessiva superiore a 3,5 t per rendere visibile il mezzo nelle ore notturne e di scarsa visibilità (ECEONU R104). Si tratta di “novità” che hanno avuto una gestazione piuttosto lunga, discussi nelle diverse commissioni in Parlamento sin dal 2000 (se non prima).
CONCETTO DI VISIBILITÀ
Un oggetto risulta tanto più visibile quanto più risulta essere “contrastato” rispetto allo sfondo su cui è posto; al contrario, un basso contrasto favorisce la “mimetizzazione” dell’oggetto nei confronti dello sfondo.
Può essere utile introdurre due termini inglesi che, pur traducendosi in “visibilità”, hanno in realtà significati differenti: “visibility” e “conspicuity”.
Osservando un parcheggio siamo in grado di vedere ogni singola automobile e di riconoscerla come modello e come colore (visibility); se una delle autovetture è verniciata con un colore particolarmente sgargiante ecco che immediatamente viene notata, risaltando rispetto alle altre (conspicuity).
È di vitale importanza che il personale ed i mezzi che operano sulla strada, e più in generale in situazioni molto “fluide” quali sono quelle del soccorso, abbiano un’adeguata “conspicuity” perché tale fattore entra in gioco nelle azioni (rallentare, fermarsi, deviare traiettoria) che devono essere intraprese. Lo schema a lato permette di definire meglio questi aspetti.
I primi ad occuparsi in maniera sistematica e scientifica del problema sono stati gli statunitensi Stephen Solomon e Paul Hill con il loro lavoro “Emergency Vehicle Accident”; questo testo è stato il punto di partenza di ogni altro lavoro su questo tema, introducendo e mettendo in evidenza alcuni concetti chiave sino ad allora trascurati.
Per consentire un’adeguata percezione della sagoma degli oggetti è necessario che vi sia sufficiente luce; la luce naturale è composta da radiazioni elettromagnetiche di diversa lunghezza d’onda e solo quelle comprese tra i 380 ed i 780 nm (nanometri = 1/1.000.000 di metro) risultano essere visibili all’occhio umano.
Immediatamente di sotto dei 380 nm (al di sopra della frequenza di 789·1012 Hz) si hanno radiazioni ultraviolette, mentre al di sopra dei 780 nm (al di sotto della frequenza 385·1012 Hz) si hanno radiazioni infrarosse. In particolari condizioni ambientali (alba, crepuscolo, cielo nuvoloso, ecc.) la luce visibile diminuisce considerevolmente ma è presente una notevole quantità di radiazione ultravioletta che, con opportuni “strumenti” (colori fluorescenti), può essere resa visibile.
La percezione dei colori è un fenomeno estremamente complesso (che esula dal presente lavoro) ma che merita un brevissimo cenno: essa si basa su effetti fisici e particolarità fisiologiche. I primi riguardano l’ottica fisica, essenzialmente con la differenziazione delle radiazioni elettromagnetiche visibili ed i cambiamenti di stato degli elettroni della materia sottoposti all’azione di queste radiazioni. Le seconde riguardano le particolarità delle cellule dell’occhio deputate a riconoscere i colori ed i contrasti (coni e bastoncelli), la trasmissione dei segnali nervosi e la loro interpretazione da parte del cervello. I bastoncelli sono sensibili all’intensità della luce ma non al colore, permettendo di definire il contrasto degli oggetti e sono le cellule interessate alla visione crepuscolare. I coni, invece, entrando in funzione ad una soglia di luminosità superiore e permettono la visione dei colori. Se gli effetti fisici sono “prevedibili”, le particolarità fisiologiche sono diverse da individuo ad individuo. Ciò significa che lo stesso colore viene percepito come diverso da persone diverse (ovvero colori diversi sono percepiti come uguali da persone diverse). Per poter giungere a definizioni univoche è stato definito un “occhio medio”, i cui parametri sono stati fissati dopo un attento studio di migliaia di individui di razze diverse.
Senza mai perdere di vista il concetto di visibilità nel suo complesso, che risulta essere il cardine di tutta la trattazione, è opportuno differenziare tra visibilità diurna, visibilità crepuscolare e visibilità notturna.
VISIBILITÀ DIURNA
In condizioni climatiche soddisfacenti non vi sono, in genere, grandi problemi: colori brillanti quali il giallo o l’arancione sono in grado di rispondere allo scopo. Con condizioni climatiche sfavorevoli (cielo coperto, pioggia) questi colori tendono a “smorzarsi” poiché diminuisce la luce visibile e rimane presente una notevole radiazione ultravioletta: in queste situazioni i colori fluorescenti risolvono egregiamente il problema.
La curva V sul diagramma che segue mostra che la visione diurna raggiunge la massima sensibilità per le lunghezze d’onda di 550 nm (colore giallo). Tale colore può essere considerato un valido sostituto dei colori fluorescenti, soprattutto per i veicoli risulta essere di più facile gestione.
VISIBILITÀ CREPUSCOLARE
I colori convenzionali, in queste condizioni di luce, tendono ad ingrigire notevolmente, confondendosi con lo sfondo; per contro i colori fluorescenti rispondono a questo tipo di luce (in cui, ricordiamo, è ancora presente una notevole frazione di radiazione ultravioletta) e si presentano in queste condizioni particolarmente brillanti e, ancor più che in piena luce, contrastano fortemente sullo sfondo. La visione crepuscolare è rappresentata dalla curva V’ sul diagramma sopra riportato; il massimo è in corrispondenza della lunghezza d’onda di 510 nm, corrispondente al verde-giallo.
È da queste considerazioni che Solomon e Hill, nel loro studio indirizzato principalmente ai veicoli dei vigili del fuoco, introdussero il colore “Lime Yellow” (colore 13670 del Federal Standard 595a) come colore preferenziale per i veicoli da intervento; tale concetto è stato ripreso anche dall’allegato informativo alla norma EN 1789 che suggerisce di dipingere le ambulanze in colore giallo RAL 1016 (giallo zolfo) che è, in buona sostanza, un colore giallo-verde. Entrambi i colori rispondono egregiamente anche alle condizioni di visibilità diurna.
Assolutamente insoddisfacente il colore rosso, tipico dei mezzi dei vigili del fuoco, che nelle condizioni sopra delineate tende a mimetizzarsi con l’ambiente, virando sul marrone.
VISIBILITÀ NOTTURNA
In assenza di luce nessun colore è distinguibile e, pertanto, nessun colore è nettamente più visibile rispetto agli altri. Solo sistemi che producano luce in proprio (sistemi attivi) o la riflettano se proveniente da altra fonte (sistemi passivi), sono in grado di rendere visibile un oggetto. Nel primo caso si tratta dei sistemi di illuminazione, nel secondo si tratta dei materiali retroriflettenti.
Nel caso in cui fosse presente una sufficiente illuminazione ambientale (centri abitati) il problema è ancora diverso, poiché i colori percepiti sono fortemente influenzati dal tipo di luce.
Un ambiente “otticamente disturbato”, quale può essere un centro urbano (soprattutto di notte se sono presenti molte luci) o un cantiere stradale sono situazioni limite che tendono a mimetizzare gli oggetti e a ridurre la loro “conspicuity”.
In tutti i casi l’adeguata “conspicuity” viene ottenuta con superfici, quanto più grandi possibili, di colore uniforme; riporti colorati, livree variopinte ma ricche di contrasti e linee spezzate favoriscono la errata percezione delle sagome.
Ecco perché è opportuno che le ambulanze siano decorate con motivi di grandi dimensioni, con strisce rifrangenti continue e perimetrali e che, per contro, non siano affollate da mille simboli e scritte.
La livrea Battenburg (tipica dei veicoli da emergenza inglesi) è un esempio di tale concetto (anche se è doveroso ricordare che non da tutti è considerata ottimale in quanto il disegno a scacchiera tende a “spezzare” la sagoma del veicolo) ed è frutto di uno studio accurato che ha esplorato i diversi aspetti del problema.
Per quanto riguarda gli operatori è senz’altro da preferire un completo (o tuta) ad alta visibilità che permetta di rendere facilmente riconoscibile la figura umana anche a distanza.
È necessario promuovere una “cultura della visibilità”, che vada oltre a quanto imposto da norme, leggi, decreti e mode passeggere: essere visibili significa aumentare la propria ed altrui sicurezza. Sino a quando non saremo intimamente convinti di questo “piccolo” particolare, continueremo a subire passivamente le leggi, i decreti e le norme e non ne afferreremo mai lo spirito che ne ha portato all’emanazione.
Leonardo Ferrazzi, gennaio 2012